venerdì 16 luglio 2010

Concatenamenti e territori

"Ogni concatenamento è innanzitutto territoriale. La prima regola concreta dei concatenamenti consiste nello scoprire la territorialità che essi avvolgono, perchè ce n'è sempre una [...]Il territorio eccede contemporaneamente l'organismo e l'ambiente, e il rapporto fra i due". (Deleuze, Guattari, I Mille Piani. Capitalismo e Schizofrenia)

Il territorio include il concetto di possesso. Un'ambiente è territorio quando un soggetto percepisce tale ambiente come proprio oppure appartenente ad un altro soggetto.
Questo concetto di "proprietà", questa percezione di possesso, che può mescolarsi, sovrapporsi o anche scontrarsi con altre percezioni, mi pare un interessante concetto antropologico.
Quali percepisco come miei territori? Quando e perchè comincio a percepire territori franchi come appartenenti a me stesso o ad altri soggetti?
Di sicuro percepiamo come territoriali i luoghi della nostra casa, luoghi che abitiamo abitualmente (non a caso l'etimologia è la stessa), ma in che modo e attraverso quali forme rituali territorializziamo nuovi ambienti?
La performance è senz'altro un rito che territorializza un certo ambiente, rendendolo territorio della performance stessa e dei suoi attori.
Come avviene questo processo nella vita quotidiana? Quanto spesso accade?
Il territorio oggi si estende anche nel virtuale. Si aprono molte altre domande.

giovedì 15 luglio 2010

Deriva Romana

Mi pongo in osservazione. Un'osservazione che non passa per gli occhi, una sinergia dei sensi piuttosto.
Tutto è incasellato, predisposto, diviso, spesso in numeri pari.
Finestre, colonne, mattoni, sanpietrini, un'architettura di divisioni.
Il disordine di Roma è l'accumulazione di passati e presenti, è l'abitudine dei romani di aggiustare, riadattare, deviare.
Non c'è matematica, non c'è progettazione, tutto sembrerebbe risultare dalla stratificazione, tutto sembra la casuale cristallizzazione di un momento.
Come in tutte le città e le metropoli, moltissimi flussi si sovrappongono, di differenti materie, animati o inanimati.
Come i centinaia di uccelli nomadi arrivati a creare le loro configurazioni coreografiche nei cieli, o come le città intricate di topi e insetti nel sottosuolo.
Flussi di acque da millenni scorrono sotto e dentro la città, talvolta sgorgando dalle fontane come un'esplosione di piacere, l'occhiolino edonico di una città, che come i suoi cittadini non può contenere la sua energia fluida e violenta.
Sciami di carrozzerie grigie e blu delineano percorsi caldi e orari caldi e il fortunato nomade, come me, alla deriva, scopre migliaia di possibili percorsi intorno alle arterie che conosce da anni.

mercoledì 14 luglio 2010

Lucca. Brevi note dopo 5 ore di permanenza

A Lucca ci sono edifici concavi.
Curve, non spigoli.
Se si girovaga senza direzione precisa non ci si perde, non si va alla deriva, non si esce, piuttosto si gira in tondo.
Poi, solo poi, ho scoperto com'è la struttura della città



In realtà, la pianta è rettangolare.

martedì 6 luglio 2010

Luogo comune

- Il nome lo sapevo, soltanto che non l’avevo vista.
- Non l’hai vista perché non sai guardare. E non sai guardare perché non conosci i nomi. […]
- Lo vedi, come restano nascoste le cose di tutti i giorni? Perché non sappiamo come si
chiamano [...]
- Le cose di ogni giorno rappresentano la coscienza più trascurata. Questi nomi sono vitali per il tuo progresso. Cose quotidiane. Se non fossero importanti, non useremmo una parola così splendida di derivazione latina. Ripetila, - mi intimò.
- Quotidiano.
- Una parola straordinaria che suggerisce la profondità e la portata del luogo comune.

Don DeLillo, Underworld